Un viaggio sonoro tra Rickenbacker, illusioni luminose e liriche adulte: i Baustelle tornano con un disco che fonde passato e presente in un’elegante utopia musicale
“Un disco pop, ma d’autore. Vintage, ma affilato. Elegante, ma non manierista”. Così potremmo provare a definire “El Galactico”, l’ultimo lavoro dei Baustelle, pubblicato lo scorso 4 aprile. Eppure, come accade spesso con le opere del gruppo toscano, anche questa definizione rischia di risultare riduttiva. Perché “El Galactico” è un disco che non si limita a evocare un’epoca: la ricostruisce, la reinventa, la filtra attraverso la sensibilità poetica e musicale di Francesco Bianconi, Rachele Bastreghi e Claudio Brasini.
Dopo il successo di “Elvis”, che segnava già un ritorno alla forma più classicamente baustelliana, “El Galactico” approfondisce e raffina quella traiettoria, spostando il baricentro stilistico verso la West Coast degli anni Sessanta, tra omaggi ai Beach Boys, ai Byrds e a quel pop orchestrale che seppe coniugare malinconia e leggerezza. Ma lo fa senza scivolare nella nostalgia o nell’imitazione: ogni traccia vibra di presente, ogni arrangiamento contiene un sottotesto, ogni melodia racconta una condizione esistenziale.
Il titolo “El Galactico” è una dichiarazione di poetica. Un’eco cosmica che gioca con l’idea di superstar, di alienazione e di desiderio di evasione. Ma anche un’ironia tagliente su un mondo musicale (e non solo) che continua a produrre idoli di cartapesta. “Ci interessava questa figura mitologica, un po’ rockstar e un po’ miraggio. Un Galactico che non arriva mai, o che è arrivato troppo tardi”, come dichiarato da Rachele Bianconi in una recente intervista.
Il disco, in effetti, si muove in questa ambiguità. È solare nei suoni, ma crepuscolare nei testi. È ricco di arrangiamenti, ma essenziale nel messaggio. E soprattutto è profondamente baustelliano nella sua capacità di mescolare il sublime e il quotidiano, l’epica e la nevrosi.
Dal punto di vista sonoro, “El Galactico” è un trionfo di ricercatezza. La band ha lavorato con strumenti vintage come la Rickenbacker a dodici corde, il Mellotron, l’organo Hammond, vibrafoni, clavicembali e addirittura un glockenspiel, cercando un’estetica sonora che restituisse le atmosfere dei dischi psichedelici californiani degli anni Sessanta, ma come sempre, nei Baustelle, non si tratta di un semplice esercizio di stile.
In brani come “Valzer per astronauti” o “Il sole a Lucca“, si avverte una cura maniacale per gli arrangiamenti: archi che si intrecciano con chitarre jangly, percussioni leggere ma incisive, cori celestiali che evocano un’innocenza perduta. Il risultato è un sound luminoso, che galleggia su una malinconia di fondo, come se ogni nota fosse consapevole della propria bellezza effimera.
La grande forza dei Baustelle, da sempre, è la scrittura. In un panorama musicale italiano spesso dominato da slogan, ammiccamenti o confessioni adolescenziali, i testi de “El Galactico” suonano come una boccata d’aria densa e rarefatta.
“La parabola dei gelati sciolti“, ad esempio, parla dell’amore ai tempi del cambiamento climatico, mescolando ironia e catastrofismo. “Ti racconterò di me” è un autoritratto spietato, una confessione senza lacrime. “Orbite di plastica” riflette invece sull’ossessione per la visibilità e l’apparire: “Ci fotografiamo in posa di morte / postando sorrisi a forma di torta”. Frasi che colpiscono, che lasciano il segno, ma che non cercano mai la facile empatia. I Baustelle non seducono: ti sfidano a seguirli nei loro labirinti semantici. Eppure, proprio per questo, risultano più autentici e universali di molti cantautori contemporanei.
“La filosofia di Moana“, invece, è uno dei brani più provocatori e intelligenti di “El Galactico”, un inno alla libertà individuale e alla disinibizione come forma di consapevolezza. Attraverso la figura di Moana Pozzi, i Baustelle riflettono sul corpo, il desiderio e la sovversione dei tabù, con ironia colta e spirito pop. La canzone alterna eleganza melodica e citazioni audaci, senza mai cadere nel banale o nel compiacimento. È una critica raffinata al moralismo contemporaneo, vestita da canzone leggera. Un manifesto esistenziale mascherato da ritratto pop.
“L’arte di lasciar andare” è il brano più intimo e struggente di “El Galactico”, una ballata delicata che esplora la maturità emotiva attraverso arrangiamenti essenziali e toccanti. La voce di Bianconi, fragile e intensa, accompagna un testo che parla di accettazione, perdita e trasformazione interiore. Il pezzo si distingue per la sua filosofia sottile e universale, dove il lasciar andare diventa gesto necessario per ritrovare sé stessi. Una canzone che resta addosso, sospesa tra malinconia e consapevolezza. Un vero gioiello lirico ed emotivo dell’album.
In questo album, Rachele Bastreghi assume un ruolo ancora più centrale, regalando interpretazioni che sanno essere dolci, eteree, ma anche graffianti. In Una California tutta mia, canta un inno femminista travestito da cartolina estiva, mentre in “Corpo celeste” dà voce a una riflessione sul desiderio e sul tempo che passa, con un’intensità quasi cinematografica.
La sua presenza è l’equilibrio perfetto alla scrittura più cerebrale di Bianconi: umana, emotiva, vibrante. È la carne e il sangue in un album che rischierebbe, altrimenti, di essere solo una magnifica architettura mentale.
“El Galactico” è un album che si colloca coraggiosamente fuori dalle mode. In un’epoca di playlist, singoli usa e getta e canzoni concepite per durare pochi secondi sui social, i Baustelle pubblicano un disco unitario, concettuale, da ascoltare tutto d’un fiato. Un’opera che richiede attenzione, tempo, ascolto profondo.
Ed è proprio questo che lo rende necessario. Perché parla a un pubblico che non ha smesso di cercare bellezza, complessità, poesia. Un pubblico che va dai trentenni nostalgici cresciuti con La malavita ai sessantenni che hanno amato la musica d’autore degli anni Settanta, passando per nuovi ascoltatori curiosi, affascinati da questo pop colto, intenso, mai banale.
“El Galactico” non è solo un disco. È una dichiarazione d’intenti. È la prova che si può fare musica pop senza rinunciare alla qualità, alla profondità, all’ambizione. È il segno che i Baustelle sono ancora capaci di sorprendere, emozionare, far riflettere. E mentre altri si rincorrono a vicenda nella giungla del mercato musicale, loro continuano a seguire una propria orbita: luminosa, strana, umana, ma soprattutto Galattica.
L’album “El Galactico” dei Baustelle è disponibile dal 4 aprile in CD e vinile su Amazon (qui), in streaming su Amazon Music Unlimited (sottoscrivendo un abbonamento qui) e Apple Music (qui).