The London Session, più simile ad un’album jazz o soul, per stile ed eleganza, più concettualmente proteso verso una forma di qualità e di accuratezza più volta ad un pubblico rigoroso e dai palati raffinati. Ma per Mary J. Blige le sfide se non sono difficili non sono sfide e coniugare qualità con commerciabilità del prodotto non è sempre facile
Mary, con cinquanta milioni di dischi già venduti alle spalle e ben nove Grammy Awards vinti, certi lussi se li può permettere, venendo oramai universalmente considerata l’erede di Aretha Franklin.
The London Session è indubbiamente un album molto vario, che risente delle tante collaborazioni presenti come quella con Emeli Sandé. Trascinato da un must: “Not Loving You” (che porta la firma di Jimmy Napes e di Sam Smith) va nella direzione giusta sin dal primo impatto. Brani tutti molto intensi, quasi sofferti, qualche concessione alla dance (con “My Lovin’” ma soprattutto molta anima blues messa li dentro. Sopraffina come poche. Mary J. è Mary J. ed ancora oggi riesce a stupire.
[amazon_link asins=’B00NTZM4T8′ template=’ProdottoSingolo’ store=’fbofferte-21′ marketplace=’IT’ link_id=’625ea080-ee6b-11e8-9289-c7cd7ff9ee0c’]Il disco si compone di dodici tracce, si parte dalla raffinata “Therapy” con il suo leggerissimo accompagnamento musicale, con strumenti veri (e non con basi, e si sente la differenza), fino a “Worth My Time“, brano tendente più al pop melodico che al vero e proprio R’n’B. Poi “Pick Me Up”, brano prodotto da Naughty Boy, con un insistente frase suonata da un clarinetto su una base garage. Poi ancora “Follow” dove tra effetti e skratch si arriva un po’ a rasentare il genere urban. In “Long Hard Look” si ritrova un po’ la Mary J. Blige che tutti conosciamo, con un brano ballabile sullo stile classico dell’hip hop americano più comune.
Insomma, con “The London Session“, Mary J. Blige fa alla fine quello che ha sempre fatto: dell’ottima musica soul e dell’ottimo R’n’B.