Aspetto provocante, vocina da finta innocente sulle linee di Cindy Lauper, energia da turboreattore e un sax dal suono squarciante e sensuale che ha appreso dalle lezioni di King Curtis, Cannonball Adderley e Clarence Clemons, il suo primo idolo
Mindi Abair, che secondo Bobby Rush suona il sassofono con l’entusiasmo di un armonicista blues, esibisce delle solide credenziali per diventare la prossima meteora del firmamento pop/soul/rock.
E qui sta il tranello. La strumentista, cresciuta in Florida ma di casa a Los Angeles, vanta già una carriera lunga così. Al punto da poter pubblicare una ricca antologia delle sue opere pescando da mezza dozzina di etichette e da una sfilza di album (ne ha incisi dodici) e di brani inediti. Per tacere di collaborazioni con stelle di varia epoca e stile: Teena Marie, Sweet Pea Atkinson, Backstreet Boys, Trombone Shorty, Duran Duran, Aerosmith e l’attore Adam Sandler.
Era una studentessa di sax, lunghi capelli e belle speranze, quando iniziò a suonare per le strade di Santa Monica, finendo per attirare l’attenzione del tastierista jazz Bobby Lyle che fu il primo a scritturarla nella sua formazione. Era il 1991, e nei trent’anni successivi ha affrontato con coerenza generi apparentemente conflittuali come smooth jazz, pop, fusion e il rock blues a presa rapida dei Boneshakers, la sua penultima band. Maturata da turnista a credibile leader e a consumata guerriera del palcoscenico, Mindi Abair adora esibirsi dal vivo.
Ha pure pubblicato un libro, “How to Play Madison Square Garden – A Guide to Stage Performance”. “Mi ero accorta che nella letteratura che si occupa dell’educazione musicale mancava un testo che insegnasse a suonare dal vivo”, racconta in un’intervista con Lars Mullen, “e così l’ho scritto io. Spiega come muoversi sul palco, come vincerne la paura, come stabilire un contatto visivo con gli spettatori e indurli ad acquistare i biglietti per il prossimo spettacolo. Il tuo, non quello di un altro!”
“Pretty Good For A Girl” è il suo motto, sarcastico e rivelatore di un temperamento artistico che non ha bisogno di quote rosa per affermarsi; è diventato uno stop-time blues di grande effetto anche grazie alle sciabolate di chitarra di Joe Bonamassa. E pure il nome dell’etichetta indipendente che pubblica il suo “Best of”, con parecchi spunti destinati a imprimersi nella memoria: tra gli strumentali la versione funky e allucinogena di “Imagine”, la diversamente austera “Come As You Are”, “Make It Happen”, scritta ed eseguita a fianco di Booker T. Jones, e il tormentone “April”, anteprima del prossimo album. E poi la protocollare “Good Day For The Blues”, “I’ll Be Your Home”, un duetto con Keb’ Mo’ e la ballad country “Just Say When”, dove invece si misura con Gregg Allman. Diciannove brani, ottanta minuti di musica orgogliosa che copre tutti gli anni duemila. Non male per una ragazza.
L’album “The Best of Mindi Abair” di Mindi Abair, è disponibile su Amazon (qui), in streaming su Amazon Music Unlimited (sottoscrivendo un abbonamento qui) e Apple Music (qui).